domenica 27 aprile 2014

Sui sentieri dei Partigiani I fatti della primavera estate ’44 nella Valle del Rovigo



25/4/2014
In occasione dell'escursione organizzata dal Cai di Faenza a 70 anni dagli avvenimenti della primavera estate '44, vicende tratte liberamente dal volume di Nazario Galassi " Partigiani nella linea Gotica ".
Per non dimenticare.

                                     Faggiola Dogana


Primavera ’44 – Non c’è una strada che conduca al monte Faggiola e non c’è il Passo del Paretaio come lo conosciamo oggi, ci sono 2 strade campestri , una da Coniale muore a Tirli e l’altra che da Palazzuolo arriva alla chiesa parrocchiale di Bibbiana.
Dal punto dove ora c’è il passo, partiva un sentiero che portava alle Piane della Ritornata (dove oggi c’è la fontana vicino al monumento), dove allora c’era una sorgente  che formava una pozza che serviva da abbeveratoio per gli animali al pascolo.
La Dogana, era una  casa che serviva da rifugio alle guardie doganali fra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana ( confine fra la provincia di Bologna e Firenze e i comuni di Castel del Rio , Palazzuolo, Firenzuola) ancora oggi si nota qualche rudere al passaggio nel ’44 era ancora una costruzione in buono stato.
A metà marzo ‘44 , alla Dogana vi trovarono rifugio  alcuni giovani renitenti con la voglia di fare i partigiani.
Settimio Alpi mezzadro di Codrignano, Nerio Gardi, Emilio Facchini e Gualtiero Montanari cui si unirono verso fine mese Orlando Rampolli ( Teo),  Guerrino Rocca ( Pizghì ) i fratelli Luciano e Giuseppe Galassi, Ario Gollini,  Filippo Marabini e Renato Naldoni (Fida).
Sotto la guida di Guido Gualandi il 12 aprile alle 22 in 17 partirono dalla diga di Codrignano per raggiungere la Dogana, sotto una pioggia battente , portavano con se 20 moschetti  un mitragliatore e delle munizioni, impiegarono 3 notti per giungervi perché non conoscendo la zona la seconda notte dopo aver vagato per molte ore si ritrovarono al punto di partenza e alla terza notte quando vi giunsero avevano i piedi piagati per le scarpe non adatte a camminare in montagna e unico conforto al loro arrivo una pentola di acqua calda.
I primi dieci giorni si cibarono di erbe bollite .
Il 20 aprile arrivò il gruppo di Caio da Cortecchio.
Il 21 aprile arrivò Bob.
Così nasce la storia della 36° Brigata Garibaldi “ Bianconcini”.
Val Cavaliera
( anche chiamata casa della Rosa  dal nome della giovane che vi abitava )
Qui Bob incontrò il gruppo di Lorenzini al quale si era unito Roberto Gherardi ex combattente della repubblica spagnola. Qui si tenne la prima riunione della brigata che si voleva costituire  e che si autonominò  quarta Garibaldi  della Romagna in considerazione delle prime tre del Falterona.
Il primo problema fu legato al vettovagliamento e andava affrontato in modo nuovo costruendo un rapporto con i contadini, e attraverso la mediazione di due partigiani del luogo e l’uso dei buoni di requisizione firmati dal commissario Gualandi  con lo pseudonimo Moro e rilasciati ai mezzadri in cambio della parte padronale dei prodotti, si trovò il modo per stabilire un rapporto di reciproca stima e fiducia con le popolazioni del luogo.
Ma con l’andar del tempo e il numero crescente dei Partigiani che arrivavano non c’era più spazio sufficiente, ormai erano oltre una settantina e fu così che si cercò un altro luogo.
                                        Le Spiagge

Bob ( Luigi Tinti ) con un  gruppo di partigiani che nel frattempo  era tornato  dal Falterona a fine marzo ’44 ,  dopo il grande rastrellamento, trovò rifugio nei vasti fienili  delle Spiagge:  le Spiagge erano un centro direzionale  di una vasta tenuta agricola formata dalla villa padronale, casa colonica, stalle ricche di cavalli bestiame e fienili, la villa disponeva di molte stanze e anche  di una ricca biblioteca oltre a un lussuoso bagno.
Il proprietario era un ricco avvocato fiorentino, originario del luogo ma che preferiva vivere a Firenze.
Quando vi giunsero vi trovarono  indumenti e alimenti in quantità, persino il caffè.
Tennero per se gli alimenti e distribuirono ai contadini il vestiario.
Di qui si aprivano i sentieri verso la Valle del Rovigo  il monte Carzolano ( m 1187 ) l’Altello ( m 1168 ) e più lontano in direzione Santerno, la Bastia ( m 1090 ). Essendo le Spiagge  posta in una testata di valle sembrò il fulcro ideale per un comando di una Brigata  partigiana.
Bob ne parlò con Caio, il Moro e Lorenzini i quali assentirono allo spostamento.
Così le prime 2 compagnie che si insediarono nella Valle del Rovigo si collocarono a Le Spiagge, comandate da Bob  e da Caio, a fare parte del comando furono designati anche Lorenzini  come comandante militare , il Moro come commissario e Nino incaricato dei rapporti con Bologna.
Da lì partì la prima occupazione di Casaglia, poi di Firenzuola e quindi di Palazzuolo, si entrava in paese, si disarmavano le guarnigioni, si aprivano i magazzini, si dava alla popolazione la notizia che la guerriglia era cominciata. E si avviarono contemporaneamente gli attacchi ai cantieri della Todt per disperdere  chi lavorava  alle fortificazioni sulla Linea Gotica, al Giogo e alla Futa, poi gli assalti alle colonne tedesche sulle carrozzabili del Santerno  e del Lamone e con essi i primi e veri scontri aperti.
Un po’ alla volta la Brigata si ingrossò e qualche tempo dopo il comando si trasferì a Cà di Vestro proprio al centro della valle.
                                              Cà di Vestro
Situata al centro della valle del Rovigo in posizione mediana era composta di 2 edifici più oratorio.
Quando la 36° brigata fu tutta insediata nella Valle del Rovigo , il Comando fu posto a Cà di Vestro due edifici antichi con annesso oratorio.
Cà di Vestro si trova sulla al centro della Valle , sulla riva dell’ omonimo rio, un affluente del Rovigo che ha l’acqua tutto l’anno.
A Cà di Vestro  si gestiva l’attività militare ma anche quanto poteva e doveva consentire la vita di una formazione di quelle dimensioni.
Era dunque anche il centro amministrativo di una grande area nella quale la vita doveva garantire sicurezza, organizzazione e soprattutto rispetto della popolazione la cui collaborazione era assolutamente necessaria alla Brigata.

IL comando
La 36° Brigata faceva capo al comando con sede a Cà di Vestro situata al centro dello schieramento.
Da metà luglio comprendeva, il comandante Bob, il commissario Moro, i due rispettivi vice  Nino  e Roberto ( il Vecchio), il capo di stato maggiore  Bruno, l’addetto stampa Luciano Bergonzini (Stampa ) , Giuseppe Roncagli ( Beppe) ufficiale automobilista. Della compagnia comando facevano parte il maresciallo dei carabinieri Silvio, capo dei servizi,  il magazziniere Livio Poletti a cui era stata uccisa la moglie , Livia Venturini in piazza ad Imola da parte delle GNR, poi cucinieri, fornai, barbieri, armaioli, macellai e persino un mitragliere baritono , Rodriguez che quando ne aveva voglia , cantava arie di opera e canzoni, c’erano anche 14 ragazze: Angela Giovannini, Anna Zazzeroni ( Diana ), Bruna Ciaranfi  figlia del proprietario di Cà di Vestro, Consilia ( Lia ), Vittorina Fanti, Laura Guazzaloca, Clelia e Giuliana Giovannini, Edera Lazzerini ( Delia )  Gina Francini e altre 3 di cui si sono persi i nomi tutte dai 17 ai 21 anni, furono impiegate come infermiere, cucitrici, dattilografe cuciniere e staffette. Ai primi di agosto nella valle del Rovigo vi erano venti compagnie che raggiunsero i 50/60 uomini ciascuna.
L’armamento di ciascuna compagnia consisteva in una mitragliatrice, dagli otto ai 10 mitra ( sten, beretta, maschinen ) fucili e moschetti ( 91, mauser e alcune carabine speciali )  e per chi voleva una o due bombe a mano.
Ai primi di luglio ’44 le compagnie erano così disposte
Simì ( comm Gastone ) a Cà di Ciccio,
 Pirì ( comm Soldati) all’Altello,
Paolo ( comm Farolfi ) ai Diacci,
 Negus  ( comm  Tagano) a Cà di Ciardi di Casetta,
Guerrino ( comm Alfredo ) alla Cannova,
Carlo ( comm Tom ) a Pian dell’Aiara
Marco ( comm Dante ) a Campo Ripaldi ,
Lalla ( comm Roberto ) alle Colline poi alle Fontanelle,
Sergio ( comm Renato ) alla Faina.
Poi c’era la compagnia di comando diretta da Beppe ( comm Silvio )  e il gruppo dei servizi sanitari, poi era stata aggregata una squadra GAP  incaricata di particolari missioni.
C’erano poi le staffette persone pronte a tutto e che conoscevano il territorio alcuni nomi:
Settimio, Pizghì, Piccolo, Bill, Farnè, Iacmì,  Frangì, Vincenzo  e Nerio.
Caio e L’Otro
Ai primi di maggio il grosso della 36° brigata era già nella valle del  Rovigo quando da Casetta di Tiara salì verso la Bastia una grossa formazione fascista indirizzata da una spia  alla caccia dei Partigiani, i quali videro il pericolo e si attestarono per lo scontro fra l’Altello e  la Bastia.
Ignaro del pericolo Giovanni Nardi  ( Caio ) tornava da Imola con altri sette ragazzi.
Nei pressi dell’Otro il gruppo si trovò circondato dai fascisti. Nello scontro rimasero uccisi tre Partigiani gli altri cinque feriti e catturati , furono torturati e  e finiti coi pugnali o fucilati.
La vicenda si sviluppò in questo modo ; l’8 di maggio la famiglia Galeotti che abitava all’Otro,  quel mattino fu avvertita dai partigiani guidati da Bob che provenivano da Campo Ripaldi dopo essere stati a Casetta e si stavano spostando verso l’Altello, che stava giungendo sul luogo un battaglione di GNR ( fascisti ) e che era bene  gli uomini si  nascondessero nei boschi mentre le donne e i bambini che rimanevano avrebbero dovuto dire che i loro mariti erano militari , senza fare cenno alla presenza di partigiani  per evitare problemi.
Trascorsa qualche ora arrivarono le GNR , chiesero dei partigiani di cui conoscevano esattamente il numero  e la presenza per una spiata e presero a calci Maria che continuava a negare, occuparono anche la Faina una casa a circa 15 minuti di distanza e vi condussero i bambini il più grande di dodici anni il più piccolo di due mentre il lattante di ventidue giorni fu lasciato alla vecchia Teresa.
Parte di loro si appostarono sul Poggiolo della Lungagna  e fu qui che venne catturata la staffetta  mandata in avanscoperta da Caio.
La portarono all’Otro e la torturarono, poi sorpresero il resto del gruppo prima che questi potessero opporre una difesa, tre furono uccisi subito, quattro invece furono catturati feriti.
Intanto Maria, sospinta fuori casa , si era affrettata a raggiungere i bambini alla Faina, furono scacciate dalla casa anche Tonina che si reggeva a malapena e anche la vecchia Teresa, con in braccio il neonato, con la minaccia di dar fuoco alla casa.
La Teresa incontrò il parroco Don Cinelli che si era incamminato con altri abitanti di Casetta  sulle tracce dei fascisti per il timore che sparassero sui contadini.
Quando il prete giunse alla casa , vide i tre partigiani sotto le armi puntate dei fascisti. Degli altri che avevano tentato di darsi alla macchia, tre erano già morti, uno venne ucciso fra la Faina e l’Otro, Il quarto grondava sangue, il prete lo identificò per Caio e si avvicino per sollevarlo e portarlo a casa , quando un graduato fascista lo freddò con un colpo di pistola alla testa, mentre i rimanenti 3 sopravvissuti furono fucilati nell’aia. Caio venne poi  trovato con un pugnale posto simbolicamente sullo sterno  da Maria e Zelinda al loro ritorno con i bambini all’Otro.
Sul far della sera il prete accompagnato da Guido Gatti e Primo Livi tornò sul posto, ma già tutta la gente di Casetta , di Campo Ripaldi e di Cà Mengacci  si era mossa per ripulire quei poveri corpi, per rivestirli e per costruire scale per portarli nella cappella del cimitero di Casetta.
Mirco, ferito,  che si era perso per la montagna a lui ancora sconosciuta, fu trovato soccorso e portato all’ospedale di Marradi, ma due giorni dopo  spirò per le gravi condizioni in cui era.
La Brigata che non sapeva che Caio stava tornando da Imola,  sentì gli spari ma non ne comprese la ragione e i fascisti poterono ritirarsi dopo aver dato alle fiamme l’Otro .
I corpi degli altri sette partigiani furono sepolti a Casetta di Tiara dove rimasero fino alla Liberazione per essere poi traslati a Imola.
I morti dell’Otro furono:
 Giovanni Nardi (Caio ) di Imola 21 anni
Sebastiano Bertozzi di Riolo,  20 anni
Dino Casolini di Pianoro,22 anni
Adelmo Collina di Loiano , 19 anni
Giuseppe Maccarelli di Tossignano , 20 anni
Angelo Merlini di Riolo , 20 anni
Adelmo Morini di Pianoro , 19 anni
Celeste Samorè di Riolo , 19 anni
Oggi a Casetta di Tiara sulla parete della chiesa una lapide ricorda  Caio ( medaglia d’argento e i suoi compagni.

                                      La valle del Rovigo
 A salire da Casetta di Tiara verso Cimon della Bastia si incontrano 4 case a un quarto d’ora di cammino l’una dall’altra e sono Cà Mengacci, Campo Ripaldi , l’Otro e La Faina, la gola si chiude ai Prati delle Lagune una sella di prati e fiori oggi mutata in abetaia, sull’altro ciglio dei Prati  si erge il monte Colonna e sotto di questo  al limite di un grande castagneto si intravede Pian dell’Aiara, sei case e un oratorio   dirimpettaie all’Otro , alcune già disabitate a quei tempi.
Da Pian dell’Aiara si scende per il castagneto fino alla confluenza fra il rio Secco e il Rovigo  al Mulino della Lastra e si può arrivare a Fontanelle o salire a Casetta di Tiara, questa è la Valle media del Rovigo, mentre la parte più alta è quella che tocca Cà di Ciccio, Cà di Vestro , Pallereto, Val Cavaliera, Pian di Rovigo, I Diacci , il Mulino dei Diacci.




Le famiglie della valle del Rovigo
Le famiglie della Valle del Rovigo occupata dai Partigiani della 36° brigata erano così distribuite:
Casetta di Tiara quattro famiglie Livi, due di Gatti,due di Giorgi, una di Campolmi, una di Tagliaferri, una di Donnini.
Cà Mengacci, Letizia in Gatti, mezzadra.
Campo Ripaldi, Domenico Vignoli , mezzadro.
L’Otro,  Pietro Galeotti, mezzadro.
Faina, Domenico Galeotti , mezzadro.
Le Colline , Antonio Galeotti, coltivatore diretto.
Pian dell’Aiara,  Giuseppe e Settimio Tagliaferri, Angelo e Maria Calamini, coltivatori diretti.
Molinaccio, Giovanni Livi, coltivatore diretto.
Molinaccio di Firenzuola, Arturo Campolmi , coltivatore diretto.
Fontanelle, Antonio Livi, coltivatore diretto.
Mulino della Lastra, Guido Livi, coltivatore diretto.
Sovrane, Francesco Galeotti, mezzadro.
Cà di Ciccio, Domenico Tagliaferri, coltivatore diretto.
Campanaccio, Ferdinando Loli , coltivatore diretto.
Val Coloreta, disabitata.
Rovighello, Giovanni Galeotti, coltivatore diretto.
Cà di Vestro , Vittorio Ciaranfi, coltivatore diretto.
Val Cavaliera, Settimio Tagliaferri , coltivatore diretto.
Capanni, Armando Ciaranfi , coltivatore diretto.
Altello, Andrea Tagliaferri, coltivatore diretto.
Diacci, Giuseppe Tagliaferri, coltivatore diretto.
Cannova, Francesco Barzagli , mezzadro.
Spiagge, Luigi Cavini, mezzadro.
 Cà di Vagnella, Donato Barzagli, coltivatore diretto.
Serra, Antonio Tagliaferri, coltivatore diretto.
Mulino dei Diacci, Modesto Tagliaferri, coltivatore diretto.
Nell’immediato dopoguerra erano residenti nella frazione di Casetta 575 abitanti.


La Battaglia d’agosto
Il 9 agosto 1944 i tedeschi tentarono un attacco in grande stile alla 36° brigata convergendo dal versante toscano, dal Senio e dal Santerno. Il primo scontro fu alla Bastia , dove riuscirono  ad avanzare , ma Bob li bloccò ai Prati : scontri a distanza , uso dell’artiglieria ma i partigiani riuscirono a tenere le posizioni, ebbero perdite limitate e nella notte i tedeschi dovettero ritirarsi.
L’indomani attaccarono dal versante sud ma non sfondarono e per 2 giorni fu guerra di posizione, coi tedeschi che usavano armi pesanti  e artiglieria, ma con pochi risultati.
Durante la notte il comando della 36° Brigata si era riunito per decidere rapidamente di anticipare le loro mosse. Mentre le compagnie spostate verso la Bastia tornavano ai loro luoghi , Bob ordinò  a quella di Simì  di dirigersi verso Giogarello, impegnandoli in una  battaglia. Guerrino aggirando il Rovigo  a capanna Marcone  avrebbe contemporaneamente attaccato dal lato opposto.
Partito all’alba Simì , raggiunse il fosso del Veccione affluente del Rovigo e inviò verso Giogarello una pattuglia con Nerio e Annibale, i quali attraversato il castagneto, notarono i cannoni e molti soldati e ci furono alcuni scambi a fuoco.
Guerrino proseguì fin sopra Isolina e vide tedeschi in arrivo con obici e armamenti trainati da buoi, e  aprì il fuoco  prima di ritirarsi, creando panico e confusione.
La mattina dell’11 i tedeschi iniziarono l’attacco contro le postazioni tra Pian dell’Aiara e le Spiagge, battendo soprattutto l’Altello, i Diacci,  Val Cavaliera e Pian di Rovigo, di qui la compagnia di Carlo dovette ripiegare ai Diacci.
Attila rispose con la mitragliatrice Fiat, Carlo  e Paolo con le bren  e con i fucili.
La mattina del 12 agosto nuovo attacco da sud, ma a Capanna Marcone una settantina di partigiani guidati da Guerrino presero in un ‘imboscata il battaglione di fanteria che forse intendeva raggiungere il Rovigo: i tedeschi ebbero decine di morti e altrettanti feriti e furono bloccati. Ma avevano portato in zona cannoni da 88 e numerosi mortai  coi quali sottoposero le postazioni della Brigata ad un incessante fuoco. Impossibilitato a fronteggiare gli effetti delle artiglierie, nella notte fra il 13 e il 14 agosto Bob concentrò tutta la Brigata alla Bastia e da lì sul percorso di crinale, si sganciò abbandonando così la Valle del Rovigo per portarsi in quella del Sintria, che fu raggiunta dopo un altro scontro durissimo a Castagno, dove i tedeschi furono messi in rotta.






 



 



 


 


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