25/4/2014
In occasione dell'escursione organizzata dal Cai di Faenza a 70 anni dagli avvenimenti della primavera estate '44, vicende tratte liberamente dal volume di Nazario Galassi " Partigiani nella linea Gotica ".
Per non dimenticare.
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Faggiola
Dogana
Primavera
’44 – Non c’è una strada che conduca al monte Faggiola e non c’è il Passo del
Paretaio come lo conosciamo oggi, ci sono 2 strade campestri , una da Coniale
muore a Tirli e l’altra che da Palazzuolo arriva alla chiesa parrocchiale di
Bibbiana.
Dal punto
dove ora c’è il passo, partiva un sentiero che portava alle Piane della
Ritornata (dove oggi c’è la fontana vicino al monumento), dove allora c’era una
sorgente che formava una pozza che
serviva da abbeveratoio per gli animali al pascolo.
La Dogana,
era una casa che serviva da rifugio alle
guardie doganali fra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana ( confine
fra la provincia di Bologna e Firenze e i comuni di Castel del Rio ,
Palazzuolo, Firenzuola) ancora oggi si nota qualche rudere al passaggio nel ’44
era ancora una costruzione in buono stato.
A metà marzo
‘44 , alla Dogana vi trovarono rifugio
alcuni giovani renitenti con la voglia di fare i partigiani.
Settimio
Alpi mezzadro di Codrignano, Nerio Gardi, Emilio Facchini e Gualtiero Montanari
cui si unirono verso fine mese Orlando Rampolli ( Teo), Guerrino Rocca ( Pizghì ) i fratelli Luciano
e Giuseppe Galassi, Ario Gollini,
Filippo Marabini e Renato Naldoni (Fida).
Sotto la
guida di Guido Gualandi il 12 aprile alle 22 in 17 partirono dalla diga di
Codrignano per raggiungere la Dogana, sotto una pioggia battente , portavano
con se 20 moschetti un mitragliatore e
delle munizioni, impiegarono 3 notti per giungervi perché non conoscendo la
zona la seconda notte dopo aver vagato per molte ore si ritrovarono al punto di
partenza e alla terza notte quando vi giunsero avevano i piedi piagati per le
scarpe non adatte a camminare in montagna e unico conforto al loro arrivo una
pentola di acqua calda.
I primi
dieci giorni si cibarono di erbe bollite .
Il 20 aprile
arrivò il gruppo di Caio da Cortecchio.
Il 21 aprile
arrivò Bob.
Così nasce
la storia della 36° Brigata Garibaldi “ Bianconcini”.
Val Cavaliera
( anche chiamata casa della Rosa dal nome della giovane che vi abitava )
Qui Bob incontrò il gruppo di Lorenzini al quale si era unito
Roberto Gherardi ex combattente della repubblica spagnola. Qui si tenne la
prima riunione della brigata che si voleva costituire e che si autonominò quarta Garibaldi della Romagna in considerazione delle prime
tre del Falterona.
Il primo problema fu legato al vettovagliamento e andava
affrontato in modo nuovo costruendo un rapporto con i contadini, e attraverso
la mediazione di due partigiani del luogo e l’uso dei buoni di requisizione
firmati dal commissario Gualandi con lo
pseudonimo Moro e rilasciati ai mezzadri in cambio della parte padronale dei
prodotti, si trovò il modo per stabilire un rapporto di reciproca stima e
fiducia con le popolazioni del luogo.
Ma con l’andar del tempo e il numero crescente dei Partigiani
che arrivavano non c’era più spazio sufficiente, ormai erano oltre una
settantina e fu così che si cercò un altro luogo.
Le Spiagge
Bob ( Luigi
Tinti ) con un gruppo di partigiani che
nel frattempo era tornato dal Falterona a fine marzo ’44 , dopo il grande rastrellamento, trovò rifugio
nei vasti fienili delle Spiagge: le Spiagge erano un centro direzionale di una vasta tenuta agricola formata dalla
villa padronale, casa colonica, stalle ricche di cavalli bestiame e fienili, la
villa disponeva di molte stanze e anche
di una ricca biblioteca oltre a un lussuoso bagno.
Il
proprietario era un ricco avvocato fiorentino, originario del luogo ma che
preferiva vivere a Firenze.
Quando vi
giunsero vi trovarono indumenti e
alimenti in quantità, persino il caffè.
Tennero per
se gli alimenti e distribuirono ai contadini il vestiario.
Di qui si
aprivano i sentieri verso la Valle del Rovigo
il monte Carzolano ( m 1187 ) l’Altello ( m 1168 ) e più lontano in
direzione Santerno, la Bastia ( m 1090 ). Essendo le Spiagge posta in una testata di valle sembrò il
fulcro ideale per un comando di una Brigata
partigiana.
Bob ne parlò
con Caio, il Moro e Lorenzini i quali assentirono allo spostamento.
Così le
prime 2 compagnie che si insediarono nella Valle del Rovigo si collocarono a Le
Spiagge, comandate da Bob e da Caio, a
fare parte del comando furono designati anche Lorenzini come comandante militare , il Moro come
commissario e Nino incaricato dei rapporti con Bologna.
Da lì partì
la prima occupazione di Casaglia, poi di Firenzuola e quindi di Palazzuolo, si
entrava in paese, si disarmavano le guarnigioni, si aprivano i magazzini, si
dava alla popolazione la notizia che la guerriglia era cominciata. E si
avviarono contemporaneamente gli attacchi ai cantieri della Todt per
disperdere chi lavorava alle fortificazioni sulla Linea Gotica, al
Giogo e alla Futa, poi gli assalti alle colonne tedesche sulle carrozzabili del
Santerno e del Lamone e con essi i primi
e veri scontri aperti.
Un po’ alla
volta la Brigata si ingrossò e qualche tempo dopo il comando si trasferì a Cà
di Vestro proprio al centro della valle.
Cà di
Vestro
Situata al
centro della valle del Rovigo in posizione mediana era composta di 2 edifici
più oratorio.
Quando la
36° brigata fu tutta insediata nella Valle del Rovigo , il Comando fu posto a
Cà di Vestro due edifici antichi con annesso oratorio.
Cà di Vestro
si trova sulla al centro della Valle , sulla riva dell’ omonimo rio, un
affluente del Rovigo che ha l’acqua tutto l’anno.
A Cà di
Vestro si gestiva l’attività militare ma
anche quanto poteva e doveva consentire la vita di una formazione di quelle
dimensioni.
Era dunque
anche il centro amministrativo di una grande area nella quale la vita doveva
garantire sicurezza, organizzazione e soprattutto rispetto della popolazione la
cui collaborazione era assolutamente necessaria alla Brigata.
IL comando
La 36°
Brigata faceva capo al comando con sede a Cà di Vestro situata al centro dello
schieramento.
Da metà
luglio comprendeva, il comandante Bob, il commissario Moro, i due rispettivi
vice Nino e Roberto ( il Vecchio), il capo di stato
maggiore Bruno, l’addetto stampa Luciano
Bergonzini (Stampa ) , Giuseppe Roncagli ( Beppe) ufficiale automobilista.
Della compagnia comando facevano parte il maresciallo dei carabinieri Silvio,
capo dei servizi, il magazziniere Livio
Poletti a cui era stata uccisa la moglie , Livia Venturini in piazza ad Imola
da parte delle GNR, poi cucinieri, fornai, barbieri, armaioli, macellai e
persino un mitragliere baritono , Rodriguez che quando ne aveva voglia , cantava
arie di opera e canzoni, c’erano anche 14 ragazze: Angela Giovannini, Anna
Zazzeroni ( Diana ), Bruna Ciaranfi
figlia del proprietario di Cà di Vestro, Consilia ( Lia ), Vittorina
Fanti, Laura Guazzaloca, Clelia e Giuliana Giovannini, Edera Lazzerini ( Delia
) Gina Francini e altre 3 di cui si sono
persi i nomi tutte dai 17 ai 21 anni, furono impiegate come infermiere,
cucitrici, dattilografe cuciniere e staffette. Ai primi di agosto nella valle
del Rovigo vi erano venti compagnie che raggiunsero i 50/60 uomini ciascuna.
L’armamento
di ciascuna compagnia consisteva in una mitragliatrice, dagli otto ai 10 mitra
( sten, beretta, maschinen ) fucili e moschetti ( 91, mauser e alcune carabine
speciali ) e per chi voleva una o due
bombe a mano.
Ai primi di
luglio ’44 le compagnie erano così disposte
Simì ( comm
Gastone ) a Cà di Ciccio,
Pirì ( comm Soldati) all’Altello,
Paolo ( comm
Farolfi ) ai Diacci,
Negus (
comm Tagano) a Cà di Ciardi di Casetta,
Guerrino (
comm Alfredo ) alla Cannova,
Carlo ( comm
Tom ) a Pian dell’Aiara
Marco ( comm
Dante ) a Campo Ripaldi ,
Lalla ( comm
Roberto ) alle Colline poi alle Fontanelle,
Sergio (
comm Renato ) alla Faina.
Poi c’era la
compagnia di comando diretta da Beppe ( comm Silvio ) e il gruppo dei servizi sanitari, poi era
stata aggregata una squadra GAP
incaricata di particolari missioni.
C’erano poi
le staffette persone pronte a tutto e che conoscevano il territorio alcuni
nomi:
Settimio,
Pizghì, Piccolo, Bill, Farnè, Iacmì,
Frangì, Vincenzo e Nerio.
Caio e
L’Otro
Ai primi di
maggio il grosso della 36° brigata era già nella valle del Rovigo quando da Casetta di Tiara salì verso
la Bastia una grossa formazione fascista indirizzata da una spia alla caccia dei Partigiani, i quali videro il
pericolo e si attestarono per lo scontro fra l’Altello e la Bastia.
Ignaro del
pericolo Giovanni Nardi ( Caio ) tornava
da Imola con altri sette ragazzi.
Nei pressi
dell’Otro il gruppo si trovò circondato dai fascisti. Nello scontro rimasero
uccisi tre Partigiani gli altri cinque feriti e catturati , furono torturati
e e finiti coi pugnali o fucilati.
La vicenda
si sviluppò in questo modo ; l’8 di maggio la famiglia Galeotti che abitava
all’Otro, quel mattino fu avvertita dai
partigiani guidati da Bob che provenivano da Campo Ripaldi dopo essere stati a
Casetta e si stavano spostando verso l’Altello, che stava giungendo sul luogo
un battaglione di GNR ( fascisti ) e che era bene gli uomini si
nascondessero nei boschi mentre le donne e i bambini che rimanevano
avrebbero dovuto dire che i loro mariti erano militari , senza fare cenno alla
presenza di partigiani per evitare
problemi.
Trascorsa
qualche ora arrivarono le GNR , chiesero dei partigiani di cui conoscevano
esattamente il numero e la presenza per
una spiata e presero a calci Maria che continuava a negare, occuparono anche la
Faina una casa a circa 15 minuti di distanza e vi condussero i bambini il più
grande di dodici anni il più piccolo di due mentre il lattante di ventidue
giorni fu lasciato alla vecchia Teresa.
Parte di
loro si appostarono sul Poggiolo della Lungagna
e fu qui che venne catturata la staffetta mandata in avanscoperta da Caio.
La portarono
all’Otro e la torturarono, poi sorpresero il resto del gruppo prima che questi
potessero opporre una difesa, tre furono uccisi subito, quattro invece furono
catturati feriti.
Intanto
Maria, sospinta fuori casa , si era affrettata a raggiungere i bambini alla
Faina, furono scacciate dalla casa anche Tonina che si reggeva a malapena e
anche la vecchia Teresa, con in braccio il neonato, con la minaccia di dar
fuoco alla casa.
La Teresa
incontrò il parroco Don Cinelli che si era incamminato con altri abitanti di
Casetta sulle tracce dei fascisti per il
timore che sparassero sui contadini.
Quando il
prete giunse alla casa , vide i tre partigiani sotto le armi puntate dei
fascisti. Degli altri che avevano tentato di darsi alla macchia, tre erano già
morti, uno venne ucciso fra la Faina e l’Otro, Il quarto grondava sangue, il
prete lo identificò per Caio e si avvicino per sollevarlo e portarlo a casa ,
quando un graduato fascista lo freddò con un colpo di pistola alla testa,
mentre i rimanenti 3 sopravvissuti furono fucilati nell’aia. Caio venne poi trovato con un pugnale posto simbolicamente
sullo sterno da Maria e Zelinda al loro
ritorno con i bambini all’Otro.
Sul far
della sera il prete accompagnato da Guido Gatti e Primo Livi tornò sul posto,
ma già tutta la gente di Casetta , di Campo Ripaldi e di Cà Mengacci si era mossa per ripulire quei poveri corpi,
per rivestirli e per costruire scale per portarli nella cappella del cimitero
di Casetta.
Mirco,
ferito, che si era perso per la montagna
a lui ancora sconosciuta, fu trovato soccorso e portato all’ospedale di Marradi,
ma due giorni dopo spirò per le gravi
condizioni in cui era.
La Brigata che
non sapeva che Caio stava tornando da Imola,
sentì gli spari ma non ne comprese la ragione e i fascisti poterono
ritirarsi dopo aver dato alle fiamme l’Otro .
I corpi
degli altri sette partigiani furono sepolti a Casetta di Tiara dove rimasero
fino alla Liberazione per essere poi traslati a Imola.
I morti
dell’Otro furono:
Giovanni Nardi (Caio ) di Imola 21 anni
Sebastiano
Bertozzi di Riolo, 20 anni
Dino
Casolini di Pianoro,22 anni
Adelmo
Collina di Loiano , 19 anni
Giuseppe
Maccarelli di Tossignano , 20 anni
Angelo
Merlini di Riolo , 20 anni
Adelmo
Morini di Pianoro , 19 anni
Celeste
Samorè di Riolo , 19 anni
Oggi a
Casetta di Tiara sulla parete della chiesa una lapide ricorda Caio ( medaglia d’argento e i suoi compagni.
La valle del Rovigo
A salire da Casetta di
Tiara verso Cimon della Bastia si incontrano 4 case a un quarto d’ora di
cammino l’una dall’altra e sono Cà Mengacci, Campo Ripaldi , l’Otro e La Faina,
la gola si chiude ai Prati delle Lagune una sella di prati e fiori oggi mutata
in abetaia, sull’altro ciglio dei Prati
si erge il monte Colonna e sotto di questo al limite di un grande castagneto si
intravede Pian dell’Aiara, sei case e un oratorio dirimpettaie all’Otro , alcune già disabitate
a quei tempi.
Da Pian dell’Aiara si scende per il castagneto fino alla
confluenza fra il rio Secco e il Rovigo
al Mulino della Lastra e si può arrivare a Fontanelle o salire a Casetta
di Tiara, questa è la Valle media del Rovigo, mentre la parte più alta è quella
che tocca Cà di Ciccio, Cà di Vestro , Pallereto, Val Cavaliera, Pian di
Rovigo, I Diacci , il Mulino dei Diacci.
Le famiglie
della valle del Rovigo
Le famiglie
della Valle del Rovigo occupata dai Partigiani della 36° brigata erano così
distribuite:
Casetta di
Tiara quattro famiglie Livi, due di Gatti,due di Giorgi, una di Campolmi, una
di Tagliaferri, una di Donnini.
Cà Mengacci,
Letizia in Gatti, mezzadra.
Campo
Ripaldi, Domenico Vignoli , mezzadro.
L’Otro, Pietro Galeotti, mezzadro.
Faina,
Domenico Galeotti , mezzadro.
Le Colline ,
Antonio Galeotti, coltivatore diretto.
Pian
dell’Aiara, Giuseppe e Settimio
Tagliaferri, Angelo e Maria Calamini, coltivatori diretti.
Molinaccio,
Giovanni Livi, coltivatore diretto.
Molinaccio
di Firenzuola, Arturo Campolmi , coltivatore diretto.
Fontanelle,
Antonio Livi, coltivatore diretto.
Mulino della
Lastra, Guido Livi, coltivatore diretto.
Sovrane,
Francesco Galeotti, mezzadro.
Cà di
Ciccio, Domenico Tagliaferri, coltivatore diretto.
Campanaccio,
Ferdinando Loli , coltivatore diretto.
Val Coloreta,
disabitata.
Rovighello,
Giovanni Galeotti, coltivatore diretto.
Cà di Vestro
, Vittorio Ciaranfi, coltivatore diretto.
Val
Cavaliera, Settimio Tagliaferri , coltivatore diretto.
Capanni,
Armando Ciaranfi , coltivatore diretto.
Altello,
Andrea Tagliaferri, coltivatore diretto.
Diacci,
Giuseppe Tagliaferri, coltivatore diretto.
Cannova,
Francesco Barzagli , mezzadro.
Spiagge,
Luigi Cavini, mezzadro.
Cà di Vagnella, Donato Barzagli, coltivatore
diretto.
Serra,
Antonio Tagliaferri, coltivatore diretto.
Mulino dei Diacci,
Modesto Tagliaferri, coltivatore diretto.
Nell’immediato
dopoguerra erano residenti nella frazione di Casetta 575 abitanti.
La Battaglia
d’agosto
Il 9 agosto
1944 i tedeschi tentarono un attacco in grande stile alla 36° brigata
convergendo dal versante toscano, dal Senio e dal Santerno. Il primo scontro fu
alla Bastia , dove riuscirono ad
avanzare , ma Bob li bloccò ai Prati : scontri a distanza , uso
dell’artiglieria ma i partigiani riuscirono a tenere le posizioni, ebbero
perdite limitate e nella notte i tedeschi dovettero ritirarsi.
L’indomani
attaccarono dal versante sud ma non sfondarono e per 2 giorni fu guerra di
posizione, coi tedeschi che usavano armi pesanti e artiglieria, ma con pochi risultati.
Durante la
notte il comando della 36° Brigata si era riunito per decidere rapidamente di
anticipare le loro mosse. Mentre le compagnie spostate verso la Bastia
tornavano ai loro luoghi , Bob ordinò a
quella di Simì di dirigersi verso
Giogarello, impegnandoli in una
battaglia. Guerrino aggirando il Rovigo
a capanna Marcone avrebbe
contemporaneamente attaccato dal lato opposto.
Partito
all’alba Simì , raggiunse il fosso del Veccione affluente del Rovigo e inviò
verso Giogarello una pattuglia con Nerio e Annibale, i quali attraversato il
castagneto, notarono i cannoni e molti soldati e ci furono alcuni scambi a
fuoco.
Guerrino
proseguì fin sopra Isolina e vide tedeschi in arrivo con obici e armamenti
trainati da buoi, e aprì il fuoco prima di ritirarsi, creando panico e
confusione.
La mattina
dell’11 i tedeschi iniziarono l’attacco contro le postazioni tra Pian
dell’Aiara e le Spiagge, battendo soprattutto l’Altello, i Diacci, Val Cavaliera e Pian di Rovigo, di qui la
compagnia di Carlo dovette ripiegare ai Diacci.
Attila
rispose con la mitragliatrice Fiat, Carlo
e Paolo con le bren e con i
fucili.
La mattina
del 12 agosto nuovo attacco da sud, ma a Capanna Marcone una settantina di
partigiani guidati da Guerrino presero in un ‘imboscata il battaglione di
fanteria che forse intendeva raggiungere il Rovigo: i tedeschi ebbero decine di
morti e altrettanti feriti e furono bloccati. Ma avevano portato in zona
cannoni da 88 e numerosi mortai coi quali
sottoposero le postazioni della Brigata ad un incessante fuoco. Impossibilitato
a fronteggiare gli effetti delle artiglierie, nella notte fra il 13 e il 14
agosto Bob concentrò tutta la Brigata alla Bastia e da lì sul percorso di
crinale, si sganciò abbandonando così la Valle del Rovigo per portarsi in
quella del Sintria, che fu raggiunta dopo un altro scontro durissimo a
Castagno, dove i tedeschi furono messi in rotta.
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